Sofia Cappello

Re Cor, 2021

Inchiostro su tele in cotone, telaio in legno, ago e filo, 15 x 15 x 7 cm

Le scritte e i disegni corrispondono alla serie di promemoria, pagine di diario o pensieri che l’artista ha accumulato nel corso degli anni in fogli sparsi e che qui ha ricalcato a carta carbone sulla tela. Ogni foglio riporta uno o due ricordi ed è impilato secondo l’ordine cronologico, dal 2010 al 2021. È un lavoro pensato per progredire nel tempo. Più si accumulano i ricordi e più si alza la pila di tele infilando le nuove con l’ago e il filo che rimane in cima alla pila.

Video, colore, 1′

Intervista

Dal nostro punto di vista, parlare di perenne attualità significa parlare della nostra percezione del tempo, della storia e delle interazioni umane. Dato che abbiamo considerato questo progetto come un dibattito collettivo, ci piacerebbe conoscere anche la tua opinione. Qual è la tua idea di perenne attualità? E come hai voluto rappresentare questa idea nell’opera che hai presentato in mostra?

Quest’opera nasce dalla riflessione sulla perenne attualità e su come essa viene percepita dalla nostra mente. A livello personale il tempo si materializza in ricordi i quali, scandendo gli anni che passano, formano la nostra memoria intima e la nostra personalità. Per me è molto importante non dimenticare nulla e cercare di ricordarmi ogni esperienza o stato d’animo vissuto. Per questo, come molte persone, spesso scrivo per non dimenticare e per rileggere poi in futuro ciò che stavo pensando. Rileggere momenti in cui sono stata felice e perché, o in cui sono stata triste e perché, mi aiuta a prendere decisioni sul futuro. In questo senso vivo in una perenne attualità dove ricordi, passato e presente si trovano su uno stesso piano dal quale attingo per formare il mio futuro. Nulla è lasciato indietro e il tutto contribuisce alla mia memoria che è la mia attualità.

Siamo tutti la somma delle nostre esperienze, che modellano la nostra personalità e la nostra percezione. In che modo la tua storia personale influenza le tue opere e come l’hai inserita in questo progetto?

Spesso prendo spunto dalla mia esperienza personale per le mie opere in quanto spero che qualcuno ci si possa rispecchiare e quindi entrare in connessione con esse in maniera più profonda. Creare arte partendo da sé permette di assumere uno sguardo dall’interno e quindi insegna a comunicare ciò che si prova in un modo che sia comprensibile per chiunque altro abbia vissuto esperienze simili; questo processo funge da catalizzatore per lo sviluppo dell’empatia ed essa, è per me, la chiave dello scambio tra artista e pubblico. 

In questi tempi pandemici, la centralità della tecnologia e la ridefinizione del nostro spazio personale, hanno portano a vivere e concepire diversamente l’intimità e la mancanza di essa. Come descriveresti oggi la tua percezione dell’intimità, delle relazioni e delle connessioni odierne?

Per quanto mi riguarda non tendo a elogiare ciecamente i tempi passati all’insegna di una maggiore intensità di contatti umani, fisici e non mediati dalla tecnologia. Piuttosto credo che serva creare una nuova idea di intimità per cercare di stare al passo con una modernità inarrestabile che diventerà sempre più quotidiana. Il rischio di perdere sé stessi e la percezione della nostra intimità tradizionalmente intesa è alto, ma non credo che la nuova tecnologia sia per forza negativa. Si tratta più di creare nuovi spazi in cui trovare la propria dimensione. Abbiamo in mano uno strumento potentissimo in grado di abbattere frontiere e limiti umani, dobbiamo solo imparare a farne buon uso senza per questo perdere le connessioni umane. 

Quale pensi sia la reazione del pubblico dopo aver visto il tuo lavoro in questo spazio digitale? Come pensi che questo infinito consumo di contenuti digitali stia influenzando la produzione e la fruizione delle opere d’arte? Pensi che le mostre virtuali continueranno ad essere un possibile strumento per presentare le tue opere in futuro?

Nella mia ricerca cerco di sviluppare opere che siano strettamente legate con il pubblico che le vive. Sicuramente sull’aspetto emotivo, ma spesso anche sull’aspetto pratico. Credo che osservare le opere dal vivo sia un’esperienza impagabile e fondamentale per instaurare connessioni emotive, vivere le opere attraverso un computer invece ci permette di vederne solo delle riproduzioni aumentando così la distanza tra artista e pubblico. Questa distanza a volte può essere funzionale per alcune opere, ma non è il mio caso, infatti questa stessa opera necessiterebbe di un’attivazione da parte del pubblico il quale dovrebbe entrarci in stretto contatto e vivere come fosse un’esperienza propria. La mostra online in questo senso non aiuta, ma ritengo sia anche un’ottima soluzione visti i tempi di emergenza.

Bio

Sofia Cappello (1999, Tolmezzo). Dal 2018 frequenta la LABA – Libera Accademia di Belle Arti di Firenze con indirizzo di Arti Visive – Pittura. Nel 2019 , realizza il progetto Oltre Ego, mostra collettiva presso Zoe Bar, Firenze e, nel 2021, realizza il progetto Senza Titolo, Posted Project, presso LABA, Firenze. Il suo lavoro si concentra su una ricerca espressiva che possa rappresentare le varie possibili relazioni umane, intime, sociali e politiche. Pittura, video e installazioni sono lo strumento di cui si serve per trasmettere questi messaggi alla ricerca di una partecipazione empatica.